Questo intervento non vuole avere alcun intendimento polemico ma, per amore della verità, non si può lasciare scrivere la Storia nè al beduino né tanto meno al “cavaliere”.
Cominciamo con il ricordare che storicamente la Libia deve l’attuale suo nome ad un italiano e precisamente al Minutilli che, rievocando una antica denominazione classica, designò in tal modo i possedimenti turchi della Tripolitania e della Cirenaica. Questa denominazione venne consacrata ufficialmente dal decreto che, nel 1911, stabiliva l’annessione del territorio al Regno d’Italia. Ricordiamo anche che la Libia non costituisce una regione naturale e, ad eccezione di quelli settentrionali segnati dal Mediterraneo ( 1800 chilometri ) tutti i suoi confini sono convenzionali ed in concreto i confini terrestri sono in parte quelli dell’antico possesso turco ed in parte derivano da accordi e convenzioni posteriori alla conquista. italiana. La Libia italiana aveva una superficie di 1.750.000 chilometri quadrati e, secondo il censimento dell’aprile 1936, una popolazione di 750.000 libici (722500 arabi, 28.300 ebrei) questi ultimi concentrati a Tripoli e nei centri costieri e più di 100.000 italiani. La grande maggioranza del territorio era deserto improduttivo e steppa erbosa magrissima che, dopo le piogge invernali, permetteva limitati pascoli e raccolta di cereali. L’unica regione limitatamente piovosa era il Gebel cirenaico che, pur non raggiungendo i mille metri, aveva un clima ed un grado di umidità paragonabili a quelli della Sicilia.
Prima della conquista italiana a seguito della guerra italo-turca, le oasi ed i centri costieri avevano una economia povera., fondata sullo sfruttamento delle scarse risorse agricole e sul commercio. Tripoli contava 30.000 abitanti, assai meno gli altri centri. Le tribù semi nomadi dell’interno vivevano precariamente di agricoltura ( olivi, alberi da frutta, cereali ), pastorizia ( pecore e cammelli ) e commercio attraverso il Sahara. Sul Gebel cirenaico l’allevamento aveva dimensioni maggiori, In complesso si trattava di una economia povera, spesso ai limiti di sussistenza e senza grandi margini di miglioramento, con circa mezzo milione di abitanti nella fascia settentrionale della Tripolitania, duecentomila nella Cirenaica settentrionale e qualche decina di migliaia nel Fezzan e nei grandi deserti. Una società arretrata, lacerata da frequenti lotte intestine, e sempre minacciata da fame e malattie. Le tribù semi nomade della Tripolitania non conoscevano alcuna forma di organizzazione statale, erano anzi spesso in lotta cruenta tra di loro, mentre il Gebel cirenaico era governato dalla Senussia sorta nell’Ottocento come movimento di rinnovamento islamico ed estesasi poi come organizzazione politica-religiosa nell’interno della Cirenaica e nella regione sahariana nord-orientale con poteri e responsabilità militari, economiche, giudiziarie che ne facevano uno stato di fatto. Questa la situazione nel momento in cui, dopo la 1° Guerra mondiale l’Italia, che aveva praticamente mantenuto il possesso effettivo solo sulla fascia costiera della Libia., intraprese la riconquista dell’intero territorio. Da ricordare che alla riconquista del territorio parteciparono attivamente anche molti cittadini libici con i veloci reparti della cavalleria e con i meharisti (militari libici montati su cammelli). La riconquista della Cirenaica. iniziata nel 1923, era più difficile per la presenza. della Senussia che, aiutata da Francia e Gran Bretagna in funzione anti-italiana, si rivelò capace di organizzare e condurre una resistenza articolata. Le truppe italiane e coloniali si scontrarono con una accanita guerriglia ( soprattutto nelle ore notturne ) di alcune migliaia di armati comandati da Oniar al Mukthar, leggendario e feroce capo senussita che, una volta catturato non venne “ impiccato dai “fascisti” come trasmesso in questi giorni dalla propaganda massmediatica di regime, ma impiccato dietro sentenza del Tribunale Militare di Guerra del Regio Esercito Italiano. Questo per la verità storica clic va integrata con il fatto che, una volta pacificata la regione, l’Italia investi in Libia notevoli risorse materiali, culturali ed economiche, riuscendo in poco tempo ad ammodernare la regione creando cosi i presupposti per la nascita. Della nazione libica quale è ancora oggi riconosciuta e che prima dell’annessione all’Italia - sempre per verità storica -- non esisteva. In sintesi vogliamo ricordare che furono costruite strade ( in un solo anno la litoranea. che porta dal confine tunisino al confine egiziano - 1 .800 chilometri !) scuole, ospedali, villaggi dotati di tutte le necessità sia per gli italiani che per i libici, posti di pronto soccorso, pozzi per la regimazione delle acque riuscendo così ad impiantare, con il contributo diretto dei rurali italiani, una agricoltura florida e moderna in grado di soddisfare le necessità alimentari di tutta la popolazione e di esportare grano, olio, frutta ed ortaggi e ad incrementare l’artigianato locale che potè cosi sviluppare un capillare commercio dei prodotti tradizionali (lavorazione dell’argento, del cuoio, dei tappeti e delle coperte di lana). Vogliamo anche ricordare che ai libici venne riconosciuto un particolare” status” di cittadinanza italiana che prevedeva gli stessi diritti e doveri degli italiani con eccezione del diritto di successione e del diritto di famiglia che rispettavano gli usi ed i costumi della loro tradizione culturale e religiosa. Al di là di ogni retorica e degli stereotipi che sono stati trasmessi nei dopoguerra, dobbiamo riconoscere che l’attaccamento dei libici agli italiani e la loro perfetta solidarietà con l’Italia, si manifestarono già in modo eccezionalmente significativo con lo slancio con il quale la Libia contribuì alla campagna. per la conquista. dell’Africa Orientale. Le gesta eroiche della divisione libica ne fornirono la. più smagliante riprova, confermata poi durante tutta la 2a Guerra mondiale che vide i libici combattere eroicamente insieme agli italiani anche ad EI Alamein e durante tutta la lunga ritirata fino alla Tunisia.
Piuttosto, per “verità storica” sarebbe il caso di raccontare il vergognoso ed arrogante comportamento delle truppe inglesi nei confronti sia. dei civili italiani residenti in Libia che degli stessi libici, Ma l’Italia nata dalla resistenza e rappresentata attualmente dal cavaliere di Arcore, afflitta da un complesso di inferiorità permanente, non può che rinnegare la Storia e prostrarsi ai ricatti ed all’arroganza del beduino di turno.
(Stelvio Dal Piaz)
E quanto scritto dal nostro Decano viene oltremodo rafforzato dall'ultima incredibile vicenda del mitragliamento del peschereccio italiano da parte di una unità libica (gentilmente fornita dal ns. governo) con addirittura la presenza (sottocoperta ora si scopre perché così sono gli "accordi"....!!!???) di nostri agenti della Guardia di Finanza costretti all'umiliazione anche di tipo gerarchico-militare.
E tutto ciò per consentire a Profumo ed alla Unicredit di ricevere i capitali libici..........?!?!?
E' ora di dire BASTA !