lunedì 29 dicembre 2008

SIAMO TUTTI IMPOSTORI ? di Antonino Amato Direttore di Ciaoeuropa.


In presenza dei “morti di Gaza” è d’obbligo la domanda: “Siamo tutti impostori”? La risposta non è facile, ma cercherò di abbozzarla. NO, io non discuto il “sogno degli Ebrei” di “crearsi un focolare in Palestina”. Tutti abbiamo diritto di sognare. Solo mi chiedo: hanno usato i mezzi appropriati? A me non pare. E, difatti, volevano quel territorio, ma non hanno tenuto presente che, in Palestina, ci vivevano i Palestinesi.
Anche i “Romani antichi” volevano i “territori dei Sabini”. Risolsero il problema “rapendo le sabine” e sposandole. Dopodiché Romani e Sabini si fusero e diventarono un unico popolo. Solo che i “Romani antichi” erano dei “grandissimi ladroni”. Gli Ebrei, invece, sono pii e devoti. Mescolarsi coi Palestinesi? Esecrazione solo a pensarlo. Perché gli Ebrei non sono “Ebrei”, ma “Giudei”. E non vi sembri un gioco di parole. Gli Ebrei predicano a noi lo “antirazzismo”, la “fraternità” e la “uguaglianza dei popoli”. E magari credono sinceramente alle cose che dicono, ma… Ma, per quanto li riguarda, sono affetti da un fanatico “razzismo religioso”: nessuna commistione, nessuna convivenza con i “non giudei”. Insomma: gli Ebrei volevano la Palestina senza Palestinesi. E, poiché i Palestinesi c’erano; poiché erano fatti di carne, ossa e sangue, fu giocoforza entrarci in conflitto. Fu così che gli Ebrei, che narravano a calde lacrime la loro “Shoah”, crearono in Palestina un “disastro umanitario” che i Palestinesi chiamano “Nabka”.
Misteri della vita. Ci sono in circolazione, nel “democratico Occidente”, tanti malfattori che si commuovono fino alle lacrime ai fantasiosi racconti della “Shoah” ma che fanno spallucce ai racconti della “Nabka”. E, poiché io sono convinto della “umanità” degli Ebrei e dei Palestinesi, ne concludo che, nel libero e democratico Occidente, ci stanno tanti impostori.
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A non farla lunga, mettere lo “embargo” ad un popolo viene giudicato un “atto di guerra”. Eppure, in questi giorni, si sentono tante voci, più o meno autorevoli, che chiedono: “Hamas non lanci più razzi contro Israele ed Israele cessi i bombardamenti su Gaza”. Nessuno chiede: “Israele sospenda l’embargo di Gaza”. Embargo che tiene prigionieri 1.500.000 Palestinesi: senza lavoro, senza cibo e senza medicinali. Concludo che, a questo mondo, ci stanno tanti impostori.
Questa ipocrita “equidistanza” puzza. E molti la giustificano con la “prudenza diplomatica”. Taluni, però, sono tanto spudorati da enunciare apertamente la loro “presa di posizione”. E’ il caso di Condoleezza Rice che dichiara: “La colpa è tutta di Hamas” (1). Io non nego le colpe di Hamas “nel lanciare razzi contro Israele” ma mi chiedo: “Non è colpevole Israele che impone l’embargo a Gaza”? Solo che la Rice non si pone il problema, da brava “negretta ammaestrata” che ha imparato a dire “signorsì” al “badrone bianco”.
Altro caso è quello di Andrea Ronchi, esponente di Alleanza Nazionale e Ministro di questa Repubblica: “Noi siamo con Israele ieri, oggi e domani” (2). Nessuna meraviglia: Fini addebita “agli Italiani l’infamia delle leggi razziali del 1938”; Ronchi, considerato che le leggi razziali sono vigenti in Israele, proclama: “CREDERE, OBBEDIRE, COMBATTERE”. Contro il nemico, con il nemico, a favore del nemico.
E non venitemi a dire: “dove sta l’amico? Dove il nemico?”. Vi risponderei che Fini & Compari non hanno “amici” né “nemici”: la “mangiatoia” è la loro “Patria”. Conviene, dunque, sputare e passare oltre.
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Restano gli “Ebrei/Israeliani” che hanno tanti “amici”, più o meno interessati. E tante, tantissime, “baionette”. Solo che…. Solo che le baionette sono buone per vessare i Palestinesi, non sono buone per sedercisi sopra. Insomma: gli “Ebrei/Israeliani” hanno la “forza” ma non hanno la “saggezza” per trovare la via della pace. Antonino Amato

lunedì 22 dicembre 2008

Quando ci va ci vuole

NON SIAMO ADUSI ENTRARE NEL MERITO DELLE AZIONI DI PARTITI POLITICI MA IN QUESTO CASO ERA DOVEROSO SEGNALARE UNA DELLE TANTE iNCONGRUITA' DI UNO DI COLORO CHE DICONO ESSERE .................."ANTAGONISTI" AL SISTEMA......


La bottiglia “MSFT”, stretta tra “Israele” e “Palestinesi”
C’è un famoso proverbio che ci dice che, “su una bottiglia piena e metà e vuota a metà si può imbastire qualsiasi discussione”. A me pare, invece, che la “bottiglia MSFT” sia completamente vuota. E ve ne espongo il perché.
C’è il conflitto “Israeliani/Palestinesi” che si trascina dal 1948. E ci tocca constatare che i Palestinesi, gli Arabi e Mussulmani odiano gli Israeliani. E’ un “odio giustificato da fatti concreti” oppure è un “odio ingiustificato nato dalla lettura di alcuni libri antisemiti”? Si tratta di “fatti passati” o di “fatti recenti”? E su questo mi tocca osservare che gli Ebrei ci rammentano continuamente i torti subiti, da parte degli Europei, dal 1933 (ascesa di Hitler al potere) al 1945 (fine della Seconda Guerra Mondiale). Su questi “fatti passati” gli Ebrei ci narrano la “loro storia”. Ma non accettano alcuna discussione di carattere storico. Ed hanno chiesto ed ottenuto che la “libera Europa” varasse delle “leggine liberticide” per impedire una libera discussione. Mentre scrivo alcune decine di Europei sono in galera, colpevoli unicamente di avere negato, in tutto o in parte, quei “fatti passati”.
I Palestinesi, invece, lagnano soprusi passati e sorprusi presenti. Sorprusi che si sviluppano tutti i giorni, sotto gli occhi di tutti. Almeno di coloro che hanno occhi ed intelletto. Ed usano occhi ed intelletto per “vedere” e per “capire”.
Io non metto in discussione le “cose scritte” in quella “risoluzione della Commissione UE”, sottoposta al voto del Parlamento Europeo. Dico solo che gli europarlamentari, nel votare “SI” oppure “NO” dovevano guardare alle “parole scritte dalla risoluzione” ma guardare anche ai “fatti così come si sviluppano in Palestina”. Lo hanno fatto? Se si, se hanno valutato “parole” e “fatti”, hanno votato per sospendere le trattative tra UE ed Israele.
Romagnoli, invece, ha votato per proseguire le trattative tra UE ed Israele. E, quel che è peggio, giustifica il suo voto, esibendo la “risoluzione della Commissione UE”; “nobili parole” contraddette da “fatti concreti ed ignobili”. Mi chiedo: perché inviare al Parlamento Europeo Luca Romagnoli? Non sarebbe meno dispendioso inviarci un “pappagallo ammaestrato a dire “SI”? Ci risparmieremmo un mucchio di soldi.
Aggiungo: perché votare Luca Romagnoli per il Parlamento Europeo? Sicuramente nelle liste ci sarà anche qualche “giudeo autentico e genuino”. Perché votare Luca Romagnoli, povero “giudaizzato”?
Antonino Amato

giovedì 18 dicembre 2008

DOPO I LUDI CARTACEI DI ABRUZZO ED IN VISTA DI QUELLI EUROPEI

Brava gente gli italiani............................specialmente quando sono ITALIOTI !
Nonostante che almeno quasi la metà degli aventi diritto al voto in Abruzzo ha iniziato a comprendere disertando le urne purtroppo ancora la maggioranza di essi ha voluto prestare il fianco al giochino della "democrazia elettorale" premiando - udite, udite - gli arcoriani del novello "popolo delle libertà" e dimostrando di avere grande fiducia nell'unica opposizione dell'ex- magistrato famoso nel 1992 per l'operazione cosiddetta "mani pulite" (che poi a vedere gli ultimi sviluppi giudiziari in quà ed in là sul suolo italico non é riuscita a pulire un granché !).
Qualcuno si starà domandando come mai LA DESTRA non abbia potuto far altro che prendere una tranvata mostruosa con un misero 1,8 % quando qualche illuso sognava percentuali addirittura a due cifre piene; la risposta stà proprio in quel nome. NON SI PUO' PENSARE DI OTTENERE CONSENSO DAGLI ITALIANI IDIOTI, cioé gli ITAL.IOTI, mettendosi a far concorrenza alla portaerei "Berlusconi" con un caciucco.
Il termine DESTRA é - O ALMENO DOVREBBE ESSERE - evidente ormai inserito nei neuroni degli elettori nella casella adibita a recepire i messaggi mediaset e tutto il resto viene confuso e metabolizzato in quel senso; qualsiasi formazione - anche quella più "radicale" (si fa per dire) - é considerato vivaio del Popolo delle Libertà grazie anche alle ottime performances delle soubrettes mancate Alessandra (Mussolini) Floriani e Daniela Santanché insieme al faccione tutto "duce, duce" di un Ciarrapico di turno. Non solo................non va dimenticata la ambiguità quindicennale di quella A.N. erede del Msi (quando ha fatto comodo) che ha piano piano lobotomizzato le menti già offuscate dall'almirantismo.
Ed alle europee allora !?
Sarà pure peggio perché se in Abruzzo LA DESTRA poteva permettersi di correre senza concorrenti a giugno (ammesso che vengano raccolte le firme necessarie per presentarsi) é probabile e quasi certo che a dividersi il magro companatico di un 2% di nostalgici saranno forse in 3 e diventa evidente pensare all'ultima debacle.
Soluzioni...............Noi ne individuiamo tre.
1) Accorpare in un patto d'onore in una unica lista coloro i quali ritengono di poter rappresentare ancora un legame tra il neofascismo e la "destra radicale" (Forza Nuova, Fiamma Tricolore, La Destra con il Fronte Nazionale).

2) Lavorare viceversa sui singoli territori per giocare una partita vincente nei piccoli comuni per avere un congruo numero di consiglieri comunali sparsi per lo Stivale capaci però di portare il messaggio del socialismo nazionale nella pancia del nostro "paese" alla deriva.

3) Iniziare un lavoro di cambiamento del nome tale da eliminare per sempre il termine DESTRA e costruire un messaggio unitario di socializzazione ed identità.

MALA TEMPORA CURRUNT !

giovedì 11 dicembre 2008

Arriva Petraeus: La Russa “si cala le mutande” e Berlusconi “si slaccia il giubbotto”. Come finirà?




E' un articolo dei tanti che il Direttore di Ciaoeuropa - Antonino Amato - mi invia per conoscenza e nel suo sarcasmo siculo mi ci ritrovo spesso................d'altronde anche lui é di "scuola" O.N. ! E credo opportuno pubblicarlo per il tema trattato.

Leggo il “Corriere” (1) e mi torna alla memoria una storiella che circola nella mia Sicilia. Due ragazze accettano di partecipare ad un “pic nic”. Solo che, rimaste sole, si chiedono: “che cosa è un pic nic”? Lo chiedono a delle amiche che non sanno rispondere; lo cercano nel dizionario ma non ne cavano una chiara spiegazione. Fu allora che una delle due, la più scaltra, consigliò: “Nel dubbio facciamoci il bagno”. Mi direte: “Che c’entrano le tue due conterranee, disponibili ad offrire tutte le fessure, con Berlusconi (Presidente del Consiglio dei Ministri) e con La Russa (Ministro della Difesa)”? Vorrei capirlo anch’io. E spero che mi aiuterete a capire.
A Roma arriva Petraeus, inviato da Bush (presidente uscente) e da Obama (presidente in pectore). E qui mi tocca fare una prima osservazione. Petraeus è un brillante generale, niente di strano che s’incontri con dei generali italiani per scambiarsi idee e punti di vista. Ma Petraeus incontra anche Ignazio La Russa (Ministro della Difesa) e Silvio Berlusconi (Presidente del Consiglio dei Ministri). E questa è già un’anomalia. Berlusconi e La Russa non sono dei “soldati”, legati ad una “catena di comando”; ma due “politici” che stanno lì ed esercitano le loro funzioni in quanto “rappresentanti del popolo italiano”. E mi chiedo: “E’ normale che sia venuto un generale, portatore di ordini, anziché un politico con il quale discutere le strategie”? Potreste obiettarmi: “Discutere di che”? E su questo convengo che ci sono due “scuole di pensiero”: io ed alcuni altri “forsennati” sosteniamo che l’Italia, dal 1945, è una “colonia degli USA”; le “autorità” di questa Repubblica, “uomini d’onore”, sostengono, invece, che noi Italiani siamo “amici ed alleati degli USA”. Al lume della mia scuola, è normale che un generale USA venga in Italya ed impartisca ordini ai nostri politici; ma agli occhi dei Napolitano, degli Schifani, dei Fini, dei Berlusconi e dei La Russa (ripeto e ribadisco: “uomini d’onore”) la cosa dovrebbe risultare come blasfema. E dovrebbe farli arrossire, se ne fossero capaci.
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Si aggiunga che una voce autorevole ma che desidera mantenere l’anonimato mi notizia che “La Russa ha ricevuto Petraeus senza pantaloni e senza mutande”. Io non ci credo, ma leggo le sue dichiarazioni: “Gli impegni che abbiamo assunto in ambito NATO richiederanno nel 2009, per sei mesi, che il personale in Afganistan possa raggiungere anche la consistenza di 2.800 militari” (1). Ed ancora: “Portare i militari italiani da 2.270 a 2.800…” (1). La stessa voce, autorevole ma anonima, mi comunica che “Berlusconi, nel ricevere Petraeus, si era slacciato il giubbotto; ma pare che sia rimasto vestito”. La cosa è credibile, visto che Berlusconi dichiara: “I nostri soldati in Afganistan non aumenteranno” (1). Ed allora mi chiedo: “Dice il vero Berlusconi oppure La Russa”? Io non so. Dite voi.
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Una vocina strilla: “Sei sempre il solito, volgi tutto a scherzo pecoreccio”. Ne convengo. Ma devo dichiararvi che quanto scrive Maurizio Caprara (1) mi lascia alquanto sconcertato: “La differenza è che il Presidente del Consiglio ha parlato davanti alle telecamere delle televisioni” (1), mentre La Russa ha parlato “davanti alla Commissione del Senato” (1). A questo punto mi chiedo e vi chiedo se è più sovversivo scrivere che “La Russa vuole inviare altri 500 soldati italiani in Afganistan, grato per alcuni “momenti di gioia” che Petraeus gli ha donato; mentre Berlusconi, che non ha conosciuto quella “intima gioia”, non ne vuole inviare” oppure scrivere che “Berlusconi dichiara agli Italiani” (e pertanto deve ingannarli) mentre La Russa dichiara ad una Commissione del Senato (e in quella sede “cane non mangia cane”)? Io non so, fate voi.
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Una cosa è certa. Quando si tratta di dare qualcosa agli Italiani, il Governo riesce a trovare solo “40 Euro mensili della social card”; ma se c’è da obbedire al “badrone yankee” il Governo “non bada a spese”. Quanto all’opposizione, si trovano tanti, tantissimi, che strillano contro “l’elemosina data gli Italiani poveri” ma non si trova un solo “cornuto” che gridi contro lo spreco di uomini e di soldi per fare le “guerre americane”. Con l’avvertenza che, quando un Siciliano da del “cornuto”, intende: “farabutto e mascalzone”. Non che in Parlamento non ci siano tanti “cornuti”. Ce ne sono tantissimi, ma sono troppo presi dalla mangiatoia per preoccuparsi dell’Italia e degli Italiani. E dire che Mussolini disse “aula sorda e grigia”. Ma Mussolini, notoriamente, era un buono.
Antonino Amato

lunedì 8 dicembre 2008

UN CENTENARIO DA NON DIMENTICARE

Nel dicembre del 1908 esce la rivista “ La Voce” a cura di Giuseppe Prezzolini. Durò solo otto anni ma rappresentò una testimonianza che merita ancora una precisa attenzione soprattutto per l’ambizioso tentativo culturale di riformare moralmente l’Italia e gli italiani. “Noi sentiamo fortemente l’eticità della vita intellettuale - affermò Prezzolini - e ci muove il vomito a vedere la miseria e l’angustia e il rivoltante traffico che si fa delle cose dello spirito. Sono queste le infinite forme d’arbitrio che intendiamo denunciare e combattere. Tutti le conoscono, molti ne parlano, nessuno le addita pubblicamente.” La rivista divenne una palestra di idee e di opinioni anticonformiste ma che mirava al concreto. E’ lo stesso Prezzolini che ci racconta come nacque “La Voce” (L’Italiano Inutile - Milano 1954): “......Ci voleva, ora, qualche cosa che passasse i nostri individui e toccasse la società e, in un certo senso, ci innestasse con la storia. Chi lo sapeva? Forse modernisti, sindacalisti, leonardiani, crociani, ricercatori di nuovi doveri della scuola, socialisti stanchi del marxismo, repubblicani annoiati del mazzimaniesimo, monarchici che ambivano ad una attività più viva del grande istituto ereditario rappresentante la nazione, minoranze di tutte le maggioranze soddisfatte e stanche non avrebbero potuto riunirsi e dire e dare all’Italia una parola e un’azione ?” L’elenco ci avverte di quanto fosse stato eclettico per storia personale e provenienza il repertorio dei collaboratori che si raccolsero intorno alla rivista.. Da Croce a Gentile, da Amendola a Papini, da Salvemini a Einaudi, da Cecchi a Soffici, da Monteverdi a Pizzetti, da Palazzeschi a Pancrazi passando per lo stesso Mussolini di cui Prezzolini ha rivendicato in più occasioni la scoperta. Una esperienza simile oggi sarebbe più che mai necessaria ma, forse, impossibile come ha affermato Massimo Fini: “In questa Italia dove gli scrittori, i filosofi, gli artisti non contano niente, dove appena metti un piede fuori dal politically correct e dall’asse Destra - Sinistra non esisti più, dove un rutto di Costanzo può distruggere la Critica della Ragion Pura, non ci potrebbe essere spazio per giornale come La Voce.”
Eppure, noi socialisti nazionali, ribelli ed estranei al sistema vigente, non vogliamo arrenderci, non ci sentiamo vinti, sentiamo ancora dentro di noi la furia tagliente di una rivoluzione che faccia tabula rasa del malcostume, del malaffare e della corruzione che alligna in questa falsa democrazia nata dal tradimento e dal disonore. (Stelvio Dal Piaz)

venerdì 5 dicembre 2008

L'ARTECRAZIA DELLA POLITICA : IL MARMO CHE VINCE LA PALUDE





Il marmo che vince la palude

Ieri si è svolta, a Casa Pound, una conferenza dal titolo “Artecrazia. La politica come arte, e l’arte come politica”, con Pietrangelo Buttafuoco quale ospite d’onore. Era purtroppo assente Gianluca Iannone, assai rammaricato per l’influenza che lo aveva costretto a letto.

Tuttavia apre la conferenza vera e propria Adriano Scianca che, senza troppi preamboli, cita Iannone – rendendolo così più che mai presente – introducendo in medias res il tema della serata:

“L’Italianità è marmo che vince la palude!”.

Scianca fa giustamente notare che, a sentire una frase del genere – detta per altro in campagna elettorale –, ci si accappona la pelle: ed ha ragione.


Ma perché questa frase semplice, ma genialmente efficace e incisiva, scuote tanto i nostri animi e suscita emozione? Che cosa vuol dire esattamente marmo che vince la palude?


La risposta è tanto semplice quanto la frase stessa: La Vita che vince la Morte!


La palude è il luogo della morte per eccellenza, ove l’aratro non può tracciare il solco per edificare la casa, la città, la civiltà. È il fango, è la melma che ci limitano nelle azioni, che soffocano i nostri entusiasmi.



Il marmo invece è la vita, è la volontà di costruire, di costituire, di far nascere. Cosa? La casa, il luogo del focolare, ove l’amore possa fecondare la vita ed educarla all’avvenire.

Per questo motivo la marmorea scritta che campeggia sul palazzo di Casa Pound è qualcosa di più di un vezzo, di una “ciliegina sulla torta”: è un simbolo, è un messaggio che riassume l’essenza stessa di Casa Pound, ossia la lotta del marmo contro la palude.

È da questi presupposti che Buttafuoco sviluppa il suo discorso. Il giornalista spiega dunque il motivo della sua ammirazione per Casa Pound.
Ebbene, all’interno di un’area che si è spesso sclerotizzata tra nostalgismi oramai anacronistici e velleitarismi che l’hanno resa caricatura di se stessa, Casa Pound ha saputo rinnovare il proprio linguaggio e rigenerare la propria azione; è riuscita nell’intento di riproporre l’Idea fascista nel Terzo Millennio con nuovi strumenti e nuove espressioni. Azioni spavalde, motti sensazionali, grafica accattivante, sito internet e forum sono solo alcuni degli intelligenti spunti che fanno di Casa Pound un unicum all’interno dell’ambiente della Destra Radicale, nonché della politica italiana in generale, essendo quest’ultima troppo schiava di vecchi schemi e vomitevoli compromessi, i quali sviliscono da anni e ogni giorno ancora l’immagine dell’Italia nel mondo.

Casa Pound – prosegue Buttafuoco – si è fatta, invece, interprete di quel vitalismo, di quell’entusiasmo che hanno sempre caratterizzato il Fascismo, che è invenzione tutta italiana.
Il giornalista e romanziere siciliano ha poi posto l’accento sul marmo e sull’homo faber, ossia l’uomo capace, grazie al suo genio e alla sua volontà di potenza, di dar vita a forme nuove: è l’uomo che costruisce, che edifica, che modella il marmo, da cui scaturiscono – come abbiamo visto – la vita e la civiltà. Sì, proprio perché il fabbro è artigiano, e quindi è artista, e qui è il vero fulcro dell'incontro: la Politica come Arte, e l'Arte come politica.

Il dibattito poi si accende durante le domande finali, andando a toccare svariati temi, in cui Buttafuoco è invitato a parlare di quei miti tanto cari al Fascismo e ai suoi eredi spirituali.

L’ultimo appello di Buttafuoco – e ciò ci carica di rinnovato vigore – è tutto per noi giovani: dobbiamo continuare sulla strada ormai tracciata – che è quella giusta –, dobbiamo essere avanguardia, intendere ed agire velocemente, con precisione, con risoluzione, con coraggio e, talvolta, con irriverenza e cinismo. Dobbiamo credere nelle nostre forze e nei nostri cuori, dobbiamo farci fabbri e costruttori di case di imperituro marmo, con lo sguardo fisso in avanti e verso il sole.

Solo così sarà possibile avverare quell’antico ma sublime motto che alcuni decenni or sono infiammò l’Europa: Il Domani appartiene a Noi!

giovedì 4 dicembre 2008

TAGLIANO, MA MAI RICUCIONO


ASCOLI PICENO- CRONACA DI TAGLI QUOTIDIANI.Camerati ed Amici di SN, la crisi economica o per meglio dire il fallimento del pensiero unico dell'economia Liberal-Capitalista, colpisce e continua a fare la sua mattanza specialmente nelle piccole Province tipo quella di Ascoli Piceno in cui la crisi si sente maggiormente viste le risorse industriali presenti sul territorio numericamente non molto numerose. Continuano ad anestetizzarci dicendo che tutto va bene, che la si supererà questa crisi, è chiaro che "LORO" se la caveranno ma intanto la mattanza dei posti di lavoro continua. mi sento solidale per quel che conta con questi Operai miei concittadini che proprio sotto Natale vedranno cadere e provare sulla loro pelle la mannaia dei tagli dei posti di lavoro.

WERWOLF


martedì 2 dicembre 2008


In Memoria di Daniel Wretström.Salem, un sobborgo di Stoccolma, il 9 Dicembre del 2000. E' proprio dopo la mezzanotte che una gang multiculturale di una quindicina dipersone circonda ad un ragazzo svedese, che aspetta l'autobus alla fermata di Säbytorsvägen. Il ragazzo, non troppo adolescente alto e magro, aspettail bus per tornare a casa dopo aver partecipato ad una festa.- "Fottuto razzista !" cominciano a gridare, mentre si avvicinano a lui. Una ragazza svedese dai capelli lunghi biondi gli grida anche con accentostraniero. - "Fottuto razzista! Osi stare qui? Sei impaurito?"Poche settimane prima dell'accaduto, i media avevano realizzato una campagna d'attacco contro i Patrioti svedesi. Oltre altrecose assicuravano che gli "estremisti dell'ultradestra" avevano assassinato un bambino straniero di sei anni in Germania. Poi si proverà che le accuseerano infondate e che tutto era stato inventato.- "Colpitelo fino alla morte!" ordina una ragazza alla feccia aggressiva, che si è già data da fare con la preda. La gang sa' che è più che permessoattaccare una persona sospettata di essere razzista. Di fatto, un paio di giorni prima avevano ottenuto la luce verde dalle alte cariche del governo.Infatti, il primo ministro svedese Goran Persson aveva scritto in un articolo, su uno dei maggiori periodici in circolazione in Svezia che "li schiacceremo!", riferendosi ai nazionalisti. Questa notte, la banda multiculturale è pronta ad applicare alla lettera le parole dette dal primo ministro.Quando inizia l'aggressione, Daniel si rende subito conto della sua posizione svantaggiata, l'incontrarsi solo di fronte ad un gruppo assetato di sangue armato con oggetti che useranno come armi. Cerca di trovare una via di fuga lanciandosi sul cofano di un auto che passava di lì. "Per favore aiutami!" implora al conducente dell'auto sperando che lo porti al sicuro. Uno della banda grida qualcosa al conduttore, e questo incomincia a far andare il ragazzo fuori della sua traiettoria accelerando e frenando di continuo con la macchina. Il ragazzo cerca di aggrapparsi alla macchina tentando di salvarsi, ma la banda lo afferra e lo lancia sull'asfalto. La macchina fugge e il pestaggio continua.Ora incominciano a dargli calci e a colpirlo con delle spranghe sia sul corpo, sia sulla testa. Dopo un momento d'intensa violenza uno degli aggressori si arma di una sbarra di ferro di quasi un metro e mezzo di lunghezza e incomincia a colpire il ragazzo alla testa senza fermarsi sino a quando una ragazza che passava di lì incomincia a gridare istericamente, pregando la bestia che si fermi. Una ragazza della banda si fa avanti e dice"Questo razzista se lo merita!", e il ragazzo della banda alza la spranga in alto per intimidire la ragazza accorsa in aiuto.Arrivati a questo punto, uno della feccia che era corso a chiamare il fratello torna e incomincia a saltare sul collo e sulla testa del ragazzo ormai in condizioni critiche. Il fratello maggiore è venuto per dargli ciò che si merita ad uno di questi detestabili razzisti che "uccidono i bambini" e che sono una minaccia alla "democrazia", e ora lui sente l'odio pulsare nel suo sangue.- "Fuori dal mio cammino, ho un coltello!" grida con grand'eccitazione, e si lancia contro il ragazzo ormai svenuto, impugnando forte il coltello. Gli altri membri della banda lasciano il passo a Khaled Odeh, che si siede sulla schiena di Daniel. Alza e conficca il coltello una e più volte. Dopo aver accoltellato quattro volte il ragazzo alla schiena, il coltello si spezza a metà. Khaled afferra la testa del ragazzo con la mano sinistra per girarla.Sente un furioso odio per quel ragazzo mutilato, un ragazzo che minaccia la democrazia, un ragazzo che assassina i bambini, per questo deve essere schiacciato. Così decide cosa fare. " lo ucciderò".Quelle parole navigano nella sua mente ossessivamente quando introduce il coltello nella gola di Daniel.Soddisfatto del aver liberato la società da un razzista, lentamente si alza in piedi. Il sangue che gli copre la mano è ancora caldo. Guarda attorno a sé a la gente che lo osserva e gli grida che nessuno deve non aver visto niente. Poi fugge dal luogo del delitto con suo fratello. Il resto della feccia si disperde in varie direzioni e scompaiono. "Schiacciare il razzismo!", qualcuno grida nell'ombra.Però Khaled Odeh è stato visto. La ragazza svedese che ha visto il brutale assalto si avvicina al ragazzo con le lacrime agli occhi. Daniel cerca dialzare la testa ma non ci riesce. I suoi vestiti sono pieni di sangue che esce a fiumi dall'arteria del collo. Tenta di respirare ma dalla sua bocca esce solo un debole soffio quando cade di nuovo sul gelido asfalto. La vita di Daniel Wretström è finita, mentre la ragazza cerca disperatamente di salvarlo.Quando Daniel era vivo, inondava tutto intorno a se di risa e d'allegria. I suoi amici e i familiari lo descrivono come una persona molto considerata,amabile e molto popolare. La fiamma dei suoi occhi si spense quando teneva appena diciassette anni e aveva tutta una vita davanti a sé. "Mio figlioDaniel era un ragazzo affascinante con lo scintillio negli occhi" ci racconta la madre. "Lui illuminava la vita con il suo humour e i suoi scherzi. Non sempre i giorni sono splendenti, però tutto quello che abbiamo vissuto ci unisce fortemente l'uno con l'altro.Lui trovava la tranquillità e la calma quando andava a pescare, poteva starsene ore ed ore in barca solo osservando e godendosi la pace. Presto capii di lasciar perdere di aspettare Daniel dentro un negozio di pesca, dove restava molto tempo prima di uscirne. A Daniel lo incantava pescare, conoscere ragazze, suonare la batteria e stare con la sua famiglia. La mia opinione è cheDaniel era un ragazzo meraviglioso di cui io ne ero fiera. Se qualche volta ci arrabbiavamo la parola "mi dispiace" era molto importante. Spesso midiceva "mamma, ti amo", e gli amici che lo sentivano mai lo riprendevano per questo. Daniel era un ragazzo che dava una grande impressione alle personeche conosceva, e conquistò molti cuori. Ogni volta che guardo fuori la finestra della cucina, verso la piccola casa di Daniel, vedo una finestrabuia, senza luce, e mi domando, perché ti presero la vita?".Le conseguenze legali sono state tracciate come un'autentica farsa, dove i giudici e i giuristi dichiararono la gioventù svedese come fuorilegge esenza diritti civili.L'assassino, Khaled Odeh, fu condannato per omicidio e fu inviato a sottoporsi ad un trattamento psichiatrico dato che il tribunale concluse che soffriva di un'instabilità di mente nel momento del crimine.Quando si formula così il verdetto non è inusuale che il colpevole si dichiari "riabilitato" e sia liberato nel giro di un anno. Solo sei membri della banda furono giudicati dal tribunale. A tre di loro gli si obbligò a quaranta ore di servizio per la comunità e di tenersi in contatto con i servizi sociali. I due restanti furono obbligati a pagare 1.800 corone svedesi (pari a 200 euro) in garanzia e gli si concesse la libertà.Viene da chiedersi così poco vale la vita di un giovane svedese? Meno che un biglietto? D'altronde non era l'unico cui non piaceva guardare questa società e di come si distrugge e si brutalizza. Per mantenere viva la memoria di uno dei giovani cittadini svedesi il cui sangue è stato versato sull'altare sacrificale dell'establishment, vivo, si terrà la marcia annuale in ricordo, nella data dell'anniversario dell'assassinio. http://www.salemfonden.info/

giovedì 27 novembre 2008

LEZIONE D' ITALIANO : ZI BUANA !




Comunicato "Veneto Fronte Skinheads"
« il: Oggi alle 19:27 » Citazione

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Lonigo, 27 novembre 2008


Dopo aver appreso la notizia che alle elezioni comunali che si terranno a Padova nel prossimo 2009 si presenterà una lista civica composta di soli cittadini immigrati, capeggiata dal marocchino Mohamed Ahmed e sostenuta principalmente dalla comunità rumena, l’Associazione Culturale “Veneto Fronte Skinheads” esprime il proprio più totale sdegno per questa “innovazione” che caratterizza ulteriormente l’Italia come il “paese di Pulcinella” e la città di Padova come laboratorio per esperimenti sociali masochisti!
In una società dove il ceto medio italiano sta sparendo, dove s’allarga sempre più la fascia di povertà e dove le “coppie” italiane sono in estrema difficoltà a programmare il proprio futuro (e quindi anche l’incremento demografico di questo vecchio e stanco paese!) per questo opprimente clima di precarietà a 360 gradi, siamo costretti ad assistere a queste strategie multietniche: la comunità rumena, forte dei suoi 7 mila potenziali elettori, potrebbe consentire a Mohamed Ahmed di diventare consigliere comunale e quindi di curare gli interessi delle varie comunità immigrate, a discapito come sempre dei cittadini autoctoni, validi solo per essere spremuti col pagamento di tributi sempre più esosi!
Già chi al giorno d’oggi rappresenta gli italiani in Parlamento come all’interno delle varie istituzioni spesso e volentieri cura gli interessi delle varie lobbies e plutocrazie finanziarie, dimenticandosi dei propri elettori che gli hanno garantito la loro fiducia mediante il voto…ci manca solo che vengano sostituiti da persone che in forza di una maggiore volontà di riscatto e legittimazione politico-sociale, altro non farebbero che rosicare quei pochissimi “privilegi” che rimangono al popolo bue italiota!
Confidando a questo punto nell’arrivo dei Cavalieri dell’Apocalisse,
drammaticamente

Il portavoce

mercoledì 26 novembre 2008

SCENE DA BASSO IMPERO: L'INUTILE EFFETTO SANSONE




- Scene da Basso Impero: l'inutile effetto Sansone
Non c'è più limite al grottesco, l'inimmaginabile diventa tragica banalità da prima pagina, ma non è ancora finita. Il nichilismo degli sciamani liberisti getta il velo e la ragnatela di metafore che ricopriva un dogma imposto come dottrina sociale è ora balbuzie e cacofonia. Cadono fulminati persino alcuni rami di aristocrazie venali. Bancarotta per quelli che si atteggiavano a veggenti del futuro delle nazioni, maniacali dispensatori di immutabili ricette con valenza universale.


Vedevano tutto, meno il loro fallimento epocale. Sono nella polvere quelli che con una semplice A, aggiunta o tolta, alla classificazione della condotta economica delle nazioni, per un ventennio hanno deciso le sorti, di salute, livelli di ignoranza, quantità caloriche ingerite dalle genti, e se queste dovevano vivere in pace. Il loro tempo è scaduto, come l'inondazione di merci sempre più deperebili, di cui hanno imposto il consumo con l'esca del credito senza limiti. La catena di Sant'Antonio globale si è interrotta, perchè l'azzardo ha scalato un Himalaya di valori solo cartacei, magnetici e publicitari, dall'alto del quale guardavano con i telescopi verso l'economia verace creata dai comuni mortali. La gang neoliberista, ha potuto spacciare una mole di "prodotti finanziari" che moltiplicava per trenta il valore dei beni prodotti dal lavoro del resto degli umani (1). L'epicentro dell'onda distruttiva è il mondo industrializzato, segnatamente gli Stati Uniti, che si erano autoincoronati con l'alloro di potenza più potente da che esiste dominiddio. E' una epidemia scaturita dalle viscere "occidentali", che contagia con devastante priorità proprio le latitudini della cellulite e dell'obesità. Più stretti e "carnali" sono i vincoli con l'economia finanziaria imperiale, più severo è il castigo e le penalità che si riversano sui vassalli. Non si tratta di un qualsiasi "effetto tequila", "tango" o "samba". "Questa volta la colpa non è del comunismo" dice sornione il vecchio Gorbacev. Il 7 di settembre si ufficializza la débacle, falliscono i pezzi grossi e scricchiola la cupola di Wall Street. Diventa impossibile occultare la caduta della superstizione settecentesca del "mercato che si regola da sè". Il governo di Washington mette mano all'erario pubblico e decreta una partecipazione statale nelle banche che devono sopravvivere, costi quel che costi. Non si tratta solo di una semplice disgrazia dell'economia, è un fallimento morale, di progettualità sociale e storica. Non regge più il dogma che sceglie come centro di gravità il consumo e il debito esponenziale: la banca sull'impresa, la depredazione sull'operosità, la speculazione sul lavoro.Il discorso pubblico della menzogna, però, quello della complicità mediatica e della connivenza criminogena dei politici, insiste per un altro mese (e continuerà) a negare l'evidenza, con il puerile mantra della solidità-invulnerabilità-salute e ineluttabilità del sistema bancario. Il presidente brasiliano Lula riferisce che nell'ultimo vertice del G7 cui era stato invitato, propose di discutere del collasso finanziario, ma i "sette grandi" preferirono parlare della crisi climatica, e alla fine decisero di non decidere nulla anche su quello.Poi lo struzzo estrasse la testa dalla sabbia, e passò dalle "iniezioni" alle "trasfusioni", infine traslocò consistenti stock monetari dalle riserve nazionali ai forzieri dei bancarottieri. Nella terra dell'ortodossia liberista della signora Thatcher, si arriva a vere e proprie nazionalizzazioni delle banche. Improvvisamente, tutti i paggi e i valletti del "meno Stato, più mercato" si sbracciano con la teoria del male minore: senza banche non ci sarebbe il credito per quelli che producono, quindi ingoiare il rospo, prego! Assegnare un premio agli stessi figuri che sono i responsabili del disastro, è come finanziare le cosche quando si vuol combattere la mafia. Perché non "iniettare" direttamente il sistema produttivo? O quello dei produttori per sostenere consumo e potere d'acquisto? Perchè non agevolare le vittime dei pignoramenti? Perchè non farla finita con la guerra persa in Iraq? Perchè non ridurre le spese militari e ritirare i contingenti della NATO che non cavano un ragno dal buco afgano? Nel frattempo, il mullah Omar continua la sua epica fuga in motocicletta.Il peggio non è ancora arrivato, e nulla resterà come prima. Quando la grande truffa tracimerà dal "finanziario" alla realtà produttiva e ai bilanci statali, il sisma arriverà alla vita quotidiana, e questa sarà ancor più precaria, spartana e plumbea. L'Italia è già gravata dal peso del terzo debito mondiale, e ogni anno paga ottanta miliardi di euro per i soli interessi: si imporrà una rinegoziazione con creditori e FMI. Tutto quel che ora è stato dato ai banchieri, sarà tolto al resto della società. "L'era del dominio di una sola economia e di una moneta è cosa del passato" dice il presidente russo Medvedev alla collega tedesca Merkel. "La credibilità degli Sati Uniti come leader dell'economia di mercato, e la credibilità di Wall Street… è rovinata per sempre" incalza Putin. Wall Street e la City londinese non sono più in grado di gestire il gioco d'azzardo globale. La voracità sconfinata ha messo a nudo il contenuto fittizio delle loro fiches, che d'ora in poi saranno sempre meno appetite. Il capitale finanziario perde status, dovrà atterrare nella realtà, dove il profitto continuerà - più che mai - a doversi estrarre dal ciclo della produzione reale di merci e servizi.In fin dei conti, la gang neoliberista è ingrassata soprattutto con l'acquisizione a prezzi stracciati del lavoro di quattro generazioni di sovietici, e con la liquidazione della proprietà pubblica nei Paesi dell'Europa dell'est. Poi si aggiudicarono i settori di economia statale nel resto del mondo, industrializzato e no. Andarono all'arrembaggio di qualsiasi bene pubblico. Il FMI dirigeva dall'esterno le economie e le politiche degli Stati indebitati, prefabbricando il ciclo infernale dell'indebitamento-svendita delle risorse. La finanza "occidentale" incamerava al costo di spiccioli. Erano i tempi epici in cui ingurgitavano – uno dopo l'altro - i piccoli e grandi dragoni asiatici, le medie economie del Messico, del Brasile, dell'Argentina. Quando non c'è stato più niente da privatizzare all'esterno, hanno mosso malamente le armate. Non hanno risparmiato neppure i recinti domestici e hanno creato dal nulla decine di milioni di poveri e di lavoratori marginali e sottopagati, e i nodi sono venuti al pettine.Oggi il FMI è svanito nel nulla cosmico, e si guarda bene dall' esigere gli "aggiustamenti strutturali" che imponeva spietatamente alle nazioni periferiche, conducendole amorosamente al disastro. Il sordomuto FMI è al tramonto, non ha più alcuna credibilità: è rimasto soltanto con 400 miliardi di dollari. Pochi per continuare a fare l'arbitro-giudice-sceriffo del globo terrestre. I Paesi latinoamericani avrebbero accumulato eccedenze monetarie dell'ordine dei 500 miliardi di dollari. Il Venezuela possiede una ottantina di miliardi di dollari, tra riserva monetaria e un fondo speciale di stabilizzazione.Il rialzo del costo delle materie prime, degli alimenti e degli idrocarburi ha determinato l'accumulazione di eccedenze finanziarie in Iran, Russia, Brasile, Venezuela e Cina. Quest'ultima ha finora venduto a credito nel mercato degli Stati Uniti, al punto che è proprietaria di un terzo del suo debito pubblico.Questi Paesi hanno creato una serie di banche binazionali e fondi di investimenti pubblici che consentiranno di finanziare in modo autonomo importanti progetti strategici, tra i quali gli alimenti. Si minimizza così la dipendenza dall'esterno: dalle multinazionali, FMI, Wall Street e City londinese. I crociati liberisti, approdati al neo-statalismo, sostengono l'impossibilità assoluta di sganciarsi dal sistema finanziario "occidentale" dollarizzato. Ribadiscono che sono solo velleità, perchè calcolano che i danni del cataclisma –conseguenti all'archiviazione di Bretton Woods - sarebbero più disastrosi per gli apostati, gli eretici e gli scissionisti. Le speranze e i loro calcoli sono riposti sulla deterrenza terroristica di un biblico "effetto Sansone". Non ci sarebbe altro mondo possibile oltre quello in cui Sansone detta tutte le condizioni. E' così? Non sembra. Sansone e i suoi stretti compagni d'armi stanno sacrificando i pezzi migliori dell'argenteria di famiglia, ma i Filistei tirano dritto e puntano ad un nuovo sistema internazionale. La palla è in mano alla Cina: continuerà a finanziare il debito degli Stati Uniti? E a cambio di che cosa? Da tempo l'intercambio russo-cinese si fa attraverso le rispettive monete nazionali, stesso approdo del Brasile e Argentina che hanno abbandonato il dollaro. Il Banco del Sur si alimenterà con parte delle riserve nazionali attualmente depositate nelle banche "occidentali", che fruttano uno scarno 1%. Un po' dappertutto si è capito che non è saggio pagare poi 6-7% di interessi per poter tornare a usare i propri denari. Presto potrebbe esistere una banca petrolifera dell'OPEC.E' in via di strutturazione un altro polo finanziario alternativo che minimizzerà ogni "effetto Sansone". Per di più, è in seria difficoltà il triangolo basato sull'esportazione/delocalizzazione degli impianti in oriente (Cina e India come fabbrica del pianeta), sull'importazione di minerali-idrocarburi-alimenti dall'area non-industrializzata, e sul ruolo di esportatore di "prodotti finanziari", armi, intrattenimento e circenses degli Stati Uniti. Non è più possibile continuare a essere i più grandi consumatori senza pagare con una moneta credibile. La fabbrica del pianeta e i suoi fornitori troveranno il modo di interscambiare e compensare direttamente le loro transazioni, senza essere tosati integralmente dal polo speculativo finanziario-importatore (USA, UE). L'inevitabile riduzione della produzione mondiale metterà finalmente in grado la Cina di prestare attenzione alla sua enorme popolazione delle campagne, rimasta esclusa da ogni miglioramento. Potrà destinarle parte delle diminuite esportazioni, a patto di aumentarne le remunerazioni, e sostenere così il consumo domestico che amplierà opportunamente il mercato interno. Si dissolve il miraggio geopolitico di un "occidente" inventato quando l'Unione Sovietica uscì come vincitrice nel 1945, e si acutizzeranno le contraddizioni tra Stati Uniti ed Europa: le due sponde dell'Atlantico saranno sempre più in competizione. "Ci sono troppi interessi contrastanti tra le democrazie sviluppate e quelle in via di sviluppo" dice George Soros, il re della cannibalizzazione finanziaria. "La leadership degli Stati Uniti ha perso gran parte della sua legitimità…e la presenza morale si è oscurata" scriveva l'anno scorso Z. Brzenziski. "Avranno gli USA una seconda opportunità? Sicuramente. Però dobbiamo parlar chiaro: saranno necessari anni interi di sforzi intensi e di vera abilità per restaurare la credibilità politica e la legittimità degli Stati Uniti" (2). L'Europa non può vivere senza materie prime ed energia, pertanto non potrà più seguire Washington sulla strada dello scontro permamente con la Russia, l'Iran e gli arabi. Gli europei sono in grado di pagare con una moneta credibile le loro importazioni, perciò potrebbero ampliare cooperazione ed esportazioni –che sono qualcosa di più che armamenti e derivati di Hollywood - in questi vasti e appetibili mercati. "Gli Stati Uniti hanno più bisogno dell'Europa di quanto questa abbia bisogno degli Stati Uniti" sostiene Stephen Hesler (3).Le élites del vecchio continente usciranno dalla narcosi, apprendendo dai fatti e dal portafoglio. Con le arti marziali della NATO non si arriva ai pozzi e alle miniere degli infedeli, dei "populisti" o di quelli che hanno un format diverso di democrazia rappresentativa. A ben guardare, però, ci sarebbe da vigilare affinchè non si ripeta una frode elettorale stile Bush.Del resto, l'elevata letalità - per i civili- dei tecnoguerrieri d'oltreatlantico è incapace di assicurare la domesticazione delle genti e dei territori ostili. Se dopo cinque anni non hanno avuto ragione degli iracheni, com'è pensabile che possano sottomettere in qualche settimana l'Iran? E come faranno a regolare i conti con la Russia coalizzata con la Cina nel Patto di Shangai? Il prossimo inquilino della Casa Bianca dovrà ridurre le spese militari e allontanarsi dal 4% del PIL, che è insostenibile nei tempi che corrono. Si tratta di 800 miliardi di dollari utili per l'emergenza sociale che è alle loro porte. L'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) è ferma sul binario morto di Doha, dove non è riuscito il colpaccio di sfondare le ultime barriere che proteggono l'agricoltura del mondo non industriazzato. E' stata un'inutile dimostrazione di arroganza di Stati Uniti e Unione Europea, che pur sovvenzionando le loro agricolture, credettero possibile ridurre tutti gli altri alla completa dipendenza alimentare. L'evaporazione del dollaro e l'infelice pensata degli agro-combustibili ha fatto il resto: alimenti sempre più cari e scarsi. Sarà più difficile per le multinazionali disporre a loro totale discrezione delle risorse primarie, senza che queste soddisfino - in modo prioritario - le necessità interne delle nazioni in cui operano. Già ora, si stanno adottando limitazioni o tassazioni straordinarie all'esportazione del riso e altri cereali. Le ragioni del "libero mercato" si scontrano con il diritto alla vita. Si va verso l'OPEC del riso, del rame, ecc.Siamo nel mezzo di una guerra combattuta con le armi delle materie prime, banche, mercati, monete, diplomazia e comunicazione, il cui obiettivo è la strutturazione di solide alleanze per spianare il cammino a una fase meno caotica e iniqua dell'attuale unipolarismo.L'asse di potere è sgusciato dalle mani "occidentali", gli Stati Uniti stanno perdendo l'egemonia assoluta, ma l'Europa deve uscire dalla pubertà. L'UE tornerà alle "due velocità", quella dei soci fondatori che sono i maggiori azionisti, e quella degli ultimi arrivati al club, i valvassini che sognano Washington a occhi aperti. Non può più essere l'Europa-patchwork tessuta dai banchieri e dai commissari di Bruxelles.Ci sarà il ritorno del protagonismo degli Stati nell'economia: stanno comprando debiti e cartaccia finanziaria, non si vede perché non possano finanziarsi direttamente con le proprie emissioni di titoli e buoni. Non si tornerà agli Stati-nazione, ma al consolidamento di vari poli macro-economici che riabiliteranno l'economia mista. Il dogma della concorrenza assoluta che ha liquidato lo Stato-sociale, e per il lavoro ha riaggiornato le condizioni che erano state superate mezzo secolo fa, ha raggiunto il limite massimo d'espansione. Lo sguardo si dirigerà altrove, e la coesione sociale fondata sulla solidarietà tornerà a essere un valore finalmente positivo, raggiungibile con misure che il gergo globalitario bollava con il marchio d'infamia di neo-protezionismo. E' stata una vera roulette russa; per il momento – grazie agli Stati - il proiettile non è ancora entrato nella tempia dei biscazzieri del gran Casinò della globalizzazione. Presto si chiederà conto agli Stati di queste somme. I Fukuyama rossi, però, si rimbocchino le maniche: il capitalismo non ha nel suo DNA il suicidio, né l'impulso a consegnare loro chiavi in mano il socialismo.

Tito Pulsinelli

lunedì 24 novembre 2008

DALLO SCONTRO TRA DESTRA E SINISTRA A QUELLO TRA MODERNITA' ED ANTIMODERNITA'



Massimo Fini - Dallo scontro tra destra e sinistra a quello tra modernità e antimodernità
Io sono persuaso da tempo - e lo vado scrivendo da vent'anni - che nei decenni e, probabilmente, nei secoli a venire lo scontro non sarà più fra destra e sinistra, com'è stato nell'Ottocento e nel Novecento, ma fra modernisti e antimodernisti, fra fautori del progresso e i loro avversari.

Noi siamo su un treno che va a mille all'ora e aumenta a ogni istante la velocità, i suoi costruttori sono morti da tempo, chi ne è attualmente l'erede, anche se si illude di guidarlo, ne ha perso da tempo il controllo, perché il meccanismo, che si autoraffina in progressi, va ormai per conto suo ed è diventato scopo a se stesso. A condurre il treno non c'è, in realtà, nessuno. Sul treno, è vero, c'è chi siede su comode poltrone di prima classe, anche se è pur esso sballottato e frastornato dalla velocità, chi in seconda e in terza, chi sugli strapuntini, chi sta nei cessi, chi mezzo fuori dal finestrino, chi appeso alle predelle, mentre molti, forse la maggioranza, rotolano più per la scarpata. Per cui ha un certo interesse trovare una sistemazione più equa per i viaggiatori.

Ma la questione di fondo è un'altra: dove diavolo sta andando il treno? Ed è vero, come sostengono alcuni, che a questa velocità, volendo e dovendo anzi aumentarla, prima o poi si disintegrerà o finirà contro una montagna o esaurirà la rotaia?Queste sono le domande poste dal movimento che abbiamo convenuto chiamare «di Seattle», che riguardano tanto il Nord che il Sud del mondo, tanto i ricchi che i poveri, anzi, a rigore questi ultimi un po' meno dei primi perché molti di essi, rotolando giù dal treno, possono forse sperare di salvarsi, anche se feriti e laceri, se il viaggio finirà davvero in un disastro.

Ecco perché è grottesco che le questioni che si affollano attorno al vertice del G8 di Genova vengano presentate, e in qualche caso si autopresentino, come uno scontro fra destra e sinistra, dove la prima sarebbe global e la seconda anti. Destra e sinistra sono nemiche a pari merito del movimento di Seattle, perché si dividono solo sulla sistemazione dei viaggiatori e se si debba dare o meno qualche panino a quelli che non viaggiano in prima classe e non si servono della carrozza ristorante, ma entrambe sono d'accordo sul fatto che il treno sia la miglior macchina mai costruita, sulla sua direzione, sulla velocità stratosferica e pensano anzi che aumentandola ancora verranno risolti, chissà perché, i problemi degli occupanti invece di ingigantirli com'è avvenuto finora sia per quelli benestanti che per gli altri. Sono entrambe, fuori di metafora, convinte delle «sorti meravigliose e progressive».Le correnti di pensiero più vere e profonde del movimento di Seattle ritengono, all'opposto, che le sorti non siano né progressive né, tantomeno meravigliose, che il treno, per quanto luccicante, sia diventato una macchina infernale, che non solo vada rallentato ma fermato addirittura debba fare retromarcia per riguadagnare la stazione precedente e da qui prendere una via diversa. E che tutto ciò vada fatto al più presto, perché come mi ha detto una volta Carlo Rubbia, che non è un oscurantista, che non è un millenarista, ma uno scienziato e un positivista, «potremmo anche aver già superato il punto di non ritorno».

Questo destra e sinistra, che discendono ambedue dai filoni di pensiero di coloro che hanno costruito il treno, non lo potranno mai accettare. Quando le sinistre, sia nella versione tardo marxiste-leninista dei ragazzotti inconsapevoli dei centri sociali sia in quella adulta riformista e dalemiana, cercano di mettere le mani sul movimento di Seattle, o più realisticamente di lucrarne qualche briciola, compiono quindi un'appropriazione indebita.Maggiormente legittimati, semmai, a sentirsi affini a Seattle sono i cattolici. Sia perché, storicamente, sono stati a lungo antimodernisti e antiprogressisti, e molti, in cuori loro, lo rimangono, sia perché si deve anche alla Chiesa (si pensi solo alla speculazione di Tommaso D'Aquino e di Alberto Magno) se il Medioevo mantenne al centro della propria visione l'uomo e non l'economia e, per quanto ci possa apparire incredibile, fu un tentativo generoso, e in parte riuscito, di far vivere una comunità d'uomini in modo socialmente più equilibrato ed esistenzialmente meglio compensato.

Da "Il Giorno" del 20/07/2001

domenica 23 novembre 2008

RIECCOLO : IL VOTO UTILE !




Il voto , l'essenza della democrazia ( teoricamente) viene svilito nel suo significato di "espressione di liberta'" per diventare un puro atto formale espressione di una democrazia plebiscitaria e non piu' partecipativa.
Il voto utile e' ricomparso tra le montagne dell'Abruzzo dove i compagni sono riusciti a trovare il collante per unirsi e compattare le forze e noi siamo rimasti al palo.
Noi , gli arditi , i futuristi, i legionari...etc etc...( 90% sono puttanate) siamo stati seduti nel nostro angolo senza mostrare alcun ardire, senza nessuna iniziativa che potesse smuovere le acque melmose della politica abruzzese.
Ha ragione RE SILVIO I° da ARCORE quando dice che l'Abruzzo e' un laboratorio politico che da una realta' regionale ristretta puo' dare il polso di risultati che possono poi essere traslati a livello nazionale.
Noi, in seno a LD siamo stati tacciati spesso di nostalgismo, di reducismo, di identitarismo fine a se stesso, di mancanza di prospettive politiche aperte al futuro ma, ad oggi, quelli che sono rinchiusi in una nicchia, in un recinto politico, non siamo noi del Fronte ma sono i moderati, l'anima musumeciana che a forza di trafficare e mediare e' , di fatto, rimasta fuori da ogni gioco politico che conta.
Nei mesi scorsi abbiamo suggerito, indicato, pregato, implorato, supplicato di avere il coraggio di non rinchiuderci in una soffitta politica la cui unica finestra guarda in direzione del PDL ma di sollevare lo sguardo verso orizzonti politici non conformi e non prevedibili dai nostri avversari.
Si e' detto di voler attrarre al voto quella larga rappresentanza dei non votanti ma non si e' fatto nulla di concreto in quella direzione.
Come si puo' pensare di convincere un giovane ormai disilluso dalla politica ( meglio dire scoglionato) a votare per La Destra?
Con i sorrisi, le strette di mano, i gazebi ?
Senza il supporto vitale di una linea politica di rottura e di opposizione martellante a questo sistema?
In questi mesi non siamo mai stati politicamente scorretti, mai aggressivi nei confronti della mala politica di questo governo, mai abbiamo attaccato credibilmente a testa bassa.
Mai ci siamo "dissociati" da questo centro destra in modo netto e chiaro.
Parliamo di nuova politica, di valori, di ideali.....eppure ci preoccupiamo solo di "farci aprire la porta" dal PDL quando dovremmo noi essere i primi a serrare la nostra e a mettere le sentinelle alle finestre per evitare ogni contatto.
Se non ci rendiamo VERAMENTE DIVERSI dal PDL se non manifestiamo compiutamente la nostra anima ( o quello che ormai ne e' rimasto dopo mille e mille travasi e lavaggi) noi NON saremo mai credibili agli occhi di quei 14 milioni di Italiani che teoricamente vorremmo intercettare.
L' Abruzzo temo si possa trasformare in un bagno di sangue perche' oggettivamente non siamo attrezzati e preparati, sia in strutture che in messaggi politici, ad affrontare una campagna elettorale che si avvia a diventare "bimestrale" , in una situazione che ci vede schiacciati tra due colossi.
Ci avete chiesto di soprassedere a reclamare la nostra anima, la nostra identita', le nostre radici non fiuggine......abbiamo chinato il capo per disciplina e per pragmatismo, abbiamo dissolto all'interno di LD quel gruppo che era la voce del dissenso interno nell'interesse dell'unita' del partito.
Ma questa unita' deve portare a nuove strategie, a nuovi modi di fare politica, deve promuovere il coraggio di scelte dirompenti che abbiano slancio e coraggio ma anche furbizia e cinismo politico.
Ora siamo noi a chiedere a gran voce al partito di rinunciare ad ogni forma di manicheismo e di subalternita' e a muoversi LIBERAMENTE per la promozione dei nostri ideali senza essere ingessati da una PRESUNTA appartenenza ad un'area di riferimento politico che e' tutta da dimostrare nei fatti.
Solo mostrandoci DIVERSI potremmo far nascere in quegli italiani che non votano, la volonta' di svegliare le loro coscienze e giocarsi finalmente la carta di una diversa opzione politica.
Se restiamo ancora ancorati ai nostri preconcetti...non attireremo nessuno e tutte le belle parole sin qui spese risulteranno un puro esercizio di retorica fine a se stessa.

giovedì 20 novembre 2008

PROGETTO UNITARIO - NON SPRECARE L'OCCASIONE



In questo momento gonfiare i muscoli non serve; rivendicare l'orgoglio di parte (per non dire di "setta") scatena, a livello individuale e di gruppo, reazioni speculari che non favoriscono certamente l'aggregazione di tutte quelle forze antagoniste nazionali e sociali ancora divise e frazionate in una diaspora che non é più accettabile ma, soprattutto, non é compresa ed accettata dalla gente, anche dalla nostra stessa gente. Occorre riuscire a manifestare all'esterno, anche attraverso un "codice di comportamento" accettato e condiviso da tutti, quella intelligente volontà unitaria che possa dare forza, sostanza programmatica e visibilità ad un progetto unitario che rappresenti la risposta credibile alternativa all'attuale bipolarismo che si fonda sulla filosofia dell'alternanza (che, ricordiamo non é sinonimo di alternativa !) e che é diventato fattore essenziale di stabilità di un sistema corrotto e di un regime conservatore servilmente allineato e subordinato agli interessi plutocratici. Deve essere chiaro per tutti che trovare un'occasione unitaria nelle elezioni europee non può essere considerata fine a sé stessa, ma deve rappresentare il presupposto per la creazione di un "polo alternativo" nazionale e sociale da collegare con tutti i movimenti dei popoli che, in questa fase storica, lottano per la loro indipendenza e la loro sovranità, senza distinzione di razza o di religione. Il processo unitario deve caratterizzarsi per umiltà e al tempo stesso determinazione, in modo da creare un clima di reciproca fiducia e condizioni di pari dignità, nella consapevolezza della responsabilità di portata storica che ognuno, singolarmente o in rappresentanza di un movimento o di un gruppo, deve assumersi in questo particolare momento e nella speranza che attorno a questo progetto le forze antagoniste nazionali e sociali possano ritrovare quella unità morale ed organizzativa che debba divenire punto di propulsione e riferimento per tutti quegli italiani che, vessati da obblighi, costrizioni, adempimenti a fare, a dare senza avere rendiconto da alcuno, sono stufi di vivere in uno Stato a sovranità limitata e che ha abbandonato ogni principio di socialità e di solidarietà. Si tratta di pensare, già da oggi, di dare vita ad un nuovo soggetto politico che sia rappresentativo di tutte le esperienze e di tutte le storie particolari, ma che abbia la capacità di trovare la sintesi nei valori tradizionali comuni attraverso un progetto istituzionale e la formulazione di postulati ideologico-dottrinari che rappresentino le risposte adeguate ai problemi di una società complessa ed articolata qual'é quella odierna. Dobbiamo, in sostanza, ridare centralità al "cittadino" quale individuo inserito armonicamente in una società organica, un "uomo" cioé, che non va considerato soltanto quale forza lavoro e nel suo aspetto biologico, ma anche quale somma di valori, di capacità, di creatività, di potenzialità spirituale. Anche nella sua forma strutturale ed organizzativa, il nuovo soggetto politico che ipotizziamo, dovrà essere eticamente rivoluzionario: incarichi funzionali ed operativi sulla base della disponibilità, della competenza, della fedeltà ai principi, della onestà intellettuale, in modo che ognuno possa portare con spirito di servizio la sua "pietra al cantiere" secondo le proprie peculiari caratteristiche. Dobbiamo convincerci che l'attuale "diaspora" altro non é che il risultato vincente dell'azione disgregatrice del nemico che, evidentemente, non ha trovato nella nostra cosiddetta "comunità umana e politica" le necessarie difese immunitarie. Ed é stato il disastro ! Nel merito voglio ricordare le parole pronunciate da Giovanni Gentile poco prima di essere assassinato:
" Perché la sciagura infinita d'oggi non é l'invasione straniera e la devastazione delle nostre città e la strage delle nostre famiglie e l'incertezza del domani assegnatoci dagli eventi che non sono nelle nostre mani. E' nell'animo nostro, nella discordia, nello struggimento che ci assale innanzi allo sfacelo di quella che era la nostra fede comune, per cui si guardava con gli stessi occhi al nostro passato e con la stessa passione al nostro avvenire; questo non riconoscersi, non comprenderci e perciò non ritrovarci più............."
Sono parole adattabili, mutatis mutandis, al clima odierno nell'ambito più vasto della Nazione ma che, purtroppo, riguardano anche la nostra "comunità", il "nostro ambiente". Nel dolore del filosofo di Castelvetrano - il quale cadendo alle "idi" di aprile del 1944, imprimeva il sigillo dell'esempio alla concezione filosofica dell'attualismo e documentava per i posteri la superiorità del carattere e del coraggio civile su tutte le altre virtù - in quel tormento interiore é chiaramente avvertibile il senso della comunità e della Nazione che non periscono e non devono perire anche sotto la coltre del temporaneo disfacimento. E' questo il senso che dobbiamo dare noi a quelle espressioni sgomente, se vogliamo legittimare la nostra appartenenza alle radici comuni. Ed é sulla base di queste analisi e di questa premessa che ci dobbiamo dare in questa fase, almeno un "codice di comportamento" condiviso ed accettato da tutti. Altrimenti rimane solo l'aspetto "commerciale" dell'operazione elettorale in cui siamo coinvolti e su questa base non riusciremo a costruire nulla di buono, di credibile e di permanente.

mercoledì 19 novembre 2008

PER L' IDEA , PER UN MOVIMENTO DI LIBERAZIONE NAZIONALE




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Cari Camerati,
nel comprendere come la funzione propulsiva del blocco sociale nazionale ante congresso si sia esaurita poiché si è rinunciato a continuare con vigore la lotta politica di contrasto alla deriva impressa verso un amorfo neutralismo nei confronti di spinte reazionarie e liberconservatrici ritengo doveroso - con altri - rimanere sul "pezzo" e accettare una nuova sfida.
La sfida di creare un Fronte di Lotta, per il socialismo nazionale, che si possa porre tra le linee - in "terra di nessuno" - per condurre l'ardito assalto di trovare e promuovere una realtà confederata di più realtà, di più comunità. di più associazioni, di più organizzazioni politiche e partitiche capaci di sfondare rivoluzionariamente l'immobilismo e l'incancrenimento della destra e della sinistra nazionale relegate in un limbo schematico ed inconcludente.
Questa enorme potenziale energia può e deve trovare finalmente lo sbocco e l'alveo naturale tra e nel Popolo italiano che é alla ricerca di un punto di riferimento culturale, storico e tradizionale forte, deciso, preciso che abbatta il "sistema della casta". I pensieri e le azioni che andremo a promuovere nell'ambito istituzionale del partito La Destra saranno atte a smuoverlo, incitarlo, sollecitarlo a divenire un contenitore pieno di contenuti e non di ipocrita retorica "demonazionale".
In questo, convinti e consci che al di fuori ed "oltre" gli iscritti a La Destra come me, troveremo - come già stiamo trovando - Uomini e Donne, Camerati di trincea e compagni di lotta pronti con noi a gettarsi in avanguardia nella mischia.
Dunque andiamo a costituire tra i cittadini, tra iscritti e non di partito, un Fronte per il Socialismo Nazionale propedeutico a promuovere un più vasto movimento di Liberazione Nazionale.
Chi vuole aderire lo può fare senza alcuna formalità perché la nostra trattasi di associazione politico-culturale/centro studi compatibile con il tesseramento a partiti. Le uniche condizioni riguardano il principio fondamentale di NON appartenenza alla massoneria internazionale e qualsiasi volontà discriminatoria nei confronti dei Valori statuali dell'esperienza di Stato Nazionale del Lavoro.
In Alto i Cuori a tutti Noi.>>