mercoledì 20 maggio 2009

Mistificazioni ad uso e consumo dell'antifascismo istituzionale

ALLA DIREZIONE della Rivista
"Storia del Novecento"
Mensile di Storia contemporanea Arezzo, 19 maggio 2009

Gentile Direttore,
chiedo ancora ospitalità per diritto di replica a quanto continua ad affermare il signor Bertotto il quale basa il suo assunto sul fatto che Mussolini abbia "messo volutamente ai voti l'ordine del giorno" (non la mozione !) presentato da Grandi, insinuando così una implicita adesione dello stesso Mussolini. Risulta che anche in una riunione condominiale se viene presentato un O.d.G. questo debba essere messo ai voti e solo il sig. Bertotto trova del tutto nuova tale prassi per quel "tipo di riunione". Comunque, a parte questo dettaglio che - ai fini di una valutazione storica della dinamica degli avvenimenti é, dal sig, Bertotto, inserito nel contesto del tutto pretestuosamente - resta il fatto incontrovertibile che il risultato della votazione dell'O.d.G. Grandi dette l'avvio e la giustificazione politica alle procedure del programmato da tempo colpo di Stato eterodiretto (la lettera di John McCaffery, tra le altre, ne é la prova !), colpo di Stato effettuato con la complicità di diverse componenti interne tra le quali non é possibile escludere i membri del Gran Consiglio del Fascismo che votarono a favore di Grandi. Lo stesso Grandi, uscito dalla riunione all'alba del 25 luglio, era atteso dal Ministro della Real Casa Acquarone, regista ufficiale della congiura. Alle ore 06.30 sempre del 25 luglio, il re riceve Acquarone il quale lo informa della visita di Grandi e delle decisioni del Gran Consiglio. Il signor Bertotto continua a sostenere che "Giuridicamente i firmatari dell'ordine del giorno Grandi non erano penalmente perseguibili". Al momento dell'incriminazione e alla luce degli avvenimenti (colpo di Stato, arresto del Capo del governo, resa senza condizioni, tradimento dell'alleato, provata collusione col nemico, ribaltamento delle alleanze) motivi di colpevolezza di rilevanza penale oltre che politica, ne esistevano ormai a sufficienza, al di là di ogni sofisma dialettico che si possa oggi sollevare sulla consapevolezza o meno di alcuni imputati.
Il Partito Fascista - ripeto - aveva il diritto-dovere di processare e condannare, in primis sul piano politico, i responsabili ed é storicamente provato che il Partito ha tenuto volutamente e pervicacemente fuori dal processo ogni e qualsiasi intervento dello stesso Mussolini anche in considerazione della particolare situazione familiare che lo vedeva tragicamente coinvolto in prima persona. Ma non solo per questo; venne tenuto conto della funzione preminente di Mussolini quale Capo della Repubblica Sociale Italiana, quello Stato repubblicano che il signor Bertotto - anche a distanza di tanti anni e nonostante che l'esperienza repubblicana sia oggetto di studio e di approfondimento a livello accademico in vari paesi del mondo - non riesce proprio a digerire.
Provi, il signor Bertotto, ad immaginare per un momento l'Italia post 8 settembre senza Mussolini e senza la Repubblica Sociale Italiana. Tornando in argomento, é accertato documentalmente che il Partito Fascista Repubblicano, nella sua interezza, volle assumersi direttamente la responsabilità morale e politica del processo e delle condanne a morte. Per il signor Bertotto si é trattato di vendetta. E' una sua opinione.
Per Stelvio Dal Piaz si é trattato di giustizia anche se parziale dal momento che dei responsabili si erano dati prudentemente alla latitanza. Sarebbe doveroso e corretto che il signor Bertotto - per rispetto della verità storica - lasciasse fuori del processo di Verona Mussolini e la volontà di Hitler (che poteva pure coincidere con quella dei Fascisti !) alla quale lo stesso Mussolini si sarebbe sottomesso facendo "assumere all'esecuzione di Verona il lugubre carattere delle indiscriminate purghe staliniane". E' ormai chiaro -anche sulla base di altri suoi scritti apparsi sia sulla Rivista che sul quotidiano "Rinascita", - che il signor Bertotto, perfettamente integrato nel filone di un antifascismo di ritorno, sia alla ricerca di notorietà mediatica e di legittimazione antifascista attraverso la vivisezione ossessiva del personaggio Mussolini che, in un sistema di mercato qual'é quello attuale, é sempre e comunque un prodotto commercialmente molto appetibile e di sicuro successo indipendentemente dall'ottica con cui viene presentato. Ma tutto questo, con la ricerca storica, ha poco da spartire. si tratta di operazioni che nascono dal desiderio piccolo borghese di legittimaziona politica da parte dell'antifascismo doc, di quell'antifascismo che fu inventato dalla propaganda del Komintern intorno al 1930 e che é stato diffuso e reso popolare in tutto il mondo dagli ambienti demoplutocratici e massonici di Hoolywood e di New York.
si é trattato, in concreto, di quella operazione congiunta -COMUNISMO & LIBERALDEMOCRAZIA - attraverso la quale si é riusciti a coinvolgere in una generale accusa di oscurantismo ogni forza europea capace di reagire al disegno mondialista di quella cupola usuraia che ha la sua sede logistica ed operativa negli Stati Uniti.
In Italia, in Europa e nel mondo - voglio affermare - l'uomo che ha impersonato questa forza, che ha saputo incarnare ed interpretare l'esigenza posta dalla cultura del suo tempo - superare l'ideologia borghese scientista ed egualitaria del XVIII secolo - é indiscutibilmente Mussolini il quale - come ebbe a scrivere Adriano Romualdi - "ha dominato il suo tempo per lunghi anni, ha suscitato una nuova speranza, ha infuso forza, fede, energia ad un popolo vecchio, scettico, sfiduciato. E' stato un antico romano in mezzo a degli italiani. E' stato il migliore di noi
". Nell'attuale contesto é ancora troppo facile denigrare Colui che - come lucidamente ebbe ad affermare sempre Adriano Romualdi - "in un momento di tramonto e di decomposizione, nel grigio orizzonte della modernità razionalistica ed economicistica, da autentico rivoluzionario, rimise in movimento la ruota della Storia2.
Prendo atto che il signor Bertotto,bontà sua, mi grazia da considerazioni di carattere ideologico che, sempre secondo lui, non porterebbero a chiarire la "dinamica" della controversia. Non é mia abitudine innescare polemiche, ma non posso tacere sul tentativo di dividere i Fascisti veri tra "moderati" ed "intransigenti", tra i "rivalutati" dalle istituzioni democratiche ai quali sembra siano state intitolate addirittura vie e piazze, ed i "reietti" unici rappresentanti del "male assoluto".
E' un tentativo che fa parte di un ben noto disegno di cosiddetta "pacificazione" sulla base di una "memoria condivisa" costruita a tavolino per motivi di carattere contingente. In risposta a tale tentativo, del quale non é certamente autore il signor Bertotto, faccio mia - come metafora - una riflessione del più volte citato Adriano Romualdi, noto intellettuale Fascista della generazione post-bellica, purtroppo prematuramente scomparso:
"Quel che non perdono al mio tempo non é quello di essere vile, ma di dover costruire ogni giorno l'alibi della propria viltà diffamando gli Eroi".
Grazie per l'ospitalità e cordiali saluti
Stelvio Dal Piaz
Arezzo