domenica 19 aprile 2009

25 APRILE - SAN MARCO EVANGELISTA

ONORE AI FANTI DI MARINA DELLA 3° DIVISIONE “SAN MARCO”

“………………..ARMA LA PRORA MARINAIO
VESTI LA GIUBBA DI BATTAGLIA…………………”

L'EPOPEA DEI FANTI DI MARINA DELLA DIVISIONE "SAN MARCO". "QUANDO EL LEON ALSA LA COA"

Questo fu il motto della grande Unità della Repubblica Sociale Italiana che si batte contro tutti i nemici fino al 30 aprile del 1945 - Un medagliere di grande rispetto testimonia il suo impegno.
Emilio Cavaterra


Da una ribellione sentimentale marinara, dal vincolo a una fedeltà mai mancata nei secoli, e dalla rivolta contro la viltà giunta a schiantare ogni dignità della Patria, dal dolore per la rovina di tutti e tutto, nacque la 'San Marco'. L'anima della Divisione, inizialmente sorta da un gruppo di marinai delle Isole dell'Egeo, da un nucleo di Camicie Nere dei Balcani e da un Gruppo di Granatieri, era marinara e i marinai che combattevano a terra sono tutti 'San Marco'.. ".
Con queste alate parole il generale Amilcare Farina, detto "papà" dai fanti di Marina repubblicani, ha cominciato a raccontare le origini della seconda Divisione di quel complesso delle Forze Armate della Repubblica Sociale italiana che fu il fiore all'occhiello del ricostituito Esercito della Repubblica mussoliniana: le così dette quattro "Grandi Unità".


Sui porti della Penisola

E' una storia tutta da disvelare, ma soprattutto da divulgare, quella della "San Marco", e ciò non soltanto per le sue peculiarità militari (è appena il caso di rilevare, purtroppo, che nella grande opinione pubblica nazionale son più noti i "marines" americani, contro cui peraltro si combatté, che non i nostri, e ciò grazie a un martellamento pubblicitario senza confronti), ma anche per il grande valore e l'autentico impegno dei nostri fanti di marina che nulla hanno da invidiare ai loro omologhi statunitensi. Un impegno, quello degli uomini della "San Marco", che si evidenziò negli aspri combattimenti impegnati sui fronti della Penisola contro le armate "alleate" che risalivano dal Sud, all'indomani del loro rientro dal periodo di addestramento in Germania, fino praticamente al 30 aprile del 1945, quando il loro comandante, considerata l'inutilità di ogni ulteriore resistenza, accettò la resa con l'onore delle armi. No, si conoscono poco o punto le gesta dei fanti di Marina italiani, specialmente di quelli della Repubblica Sociale, e dunque non si ha cognizione di quel che di eroico è stato da essi compiuto sui vari fronti nei quali furono impiegati, dalla riviera ligure alla Garfagnana e fino alla "Linea Gotica". Non staremo qui a riportare, nella sua interezza, la storia di questa Divisione che orgogliosamente ostentava nelle mostrine rosse dei suoi militari il leone veneziano che nella iconografia tradizionale è solitamente rappresentato con una zampa poggiata sulla pagina del Vangelo aperta dove campeggia la scritta in latino ben nota: "Pax tibi, Marce, Evangelista meus". E anche questa ha una tradizione di tutto rispetto: sta a ricordare, infatti, quei nostri marinai che nella prima guerra mondiale, all'indomani di Caporetto, ebbero un sacrosanto moto d'orgoglio e chiesero, subito ottenendolo, di combattere a terra lungo la linea del Piave contro gli austriaci. Ma con una differenza piuttosto significativa: quel leone di ottant'anni fa, la sua zampa la poggiava spavaldamente sul Libro chiuso, nella copertina del quale campeggiava la scritta: "Iterum rugit leo", ovvero il leone (quello di guerra e dunque con la coda alzata) ruggisce ancora.


L'elogio di Kesselring

Di lì il motto sarcasticamente espresso in puro dialetto veneziano, che ha accompagnato con il suo timbro apparentemente dissacratore i nostri fanti di Marina in tutte le loro imprese guerresche fino alla conclusione del secondo conflitto mondiale: "quando el leon alsa la coa, tute le bestie le sbasa la soa". Questo, se si vuole, dà la misura del tipo psicofisico di questi soldati che per lunghi mesi si sono battuti con valore, meritando ampiamente il riconoscimento sia dal loro comandante che dal Maresciallo Kesselring, come fa fede l'ordine del giorno n°27 diramato l'8 marzo del 1945 XXIII dal Comando Divisione Marina "S. Marco" a firma del generale Farina, fino ad oggi sconosciuto, e che qui riproduciamo testualmente: "In relazione all'attività svolta in modo tangibilmente concreto dai dipendenti reparti nella lotta contro bande, il Comandante del Corpo Armata Lombardia ha inviato il seguente telegramma: 'Il Maresciallo Kesselring ha espresso il suo elogio per l'attività contro bande della Divisione 'San arco'. Si rallegra con la Divisione particolarmente per la cattura del Capitano inglese il cui interrogatorio ha fruttato preziose indicazioni per il Comando. Aggiungo il mio elogio a quello del Signor Comandante Supremo". E come postilla, "papà Farina" aveva aggiunto: "L'elogio del Maresciallo Kesselring vada a tutti gli ufficiali, sottufficiali, graduati e marò che, immedesimati del male che compiono i nostri fratelli traviati prodigano tutta la loro attività e la loro energia per stroncare l'attività ribellistica della zona. Ed è anche incitamento perseverare per conseguire sempre maggiori risultati e vendicare così i nostri compagni caduti sotto il piombo dei sicari al soldo del nemico". Avevano dimostrato, dunque, e con i fatti, di quale tempra fossero fatti e quanto positivo fosse stato l'addestramento ricevuto nel campo di Grafenwoehr, presso Norimberga, al termine del quale, il 18 luglio del 1944, Benito Mussolini tornò a visitare la terza Grande Unità per consegnare ad essa la Bandiera, "simbolo della nostra fede, del nostro ardimento".
E suggellò quella cerimonia con queste parole: "Io sono sicuro che, quando i nemici multicolori della nostra Patria sentiranno il vostro grido 'San Marco', essi si accorgeranno di avere dinanzi a sé intrepidi cuori, decisi a tutto pur di conquistare la vittoria".


Da Arenzano a Capo Berta

E lo dimostrarono quando, alla fine del mese di luglio, fecero ritorno in Italia per presidiare un nuovo schieramento in funzione antisbarco in Liguria, con i reparti attestati lungo un fronte di decine e decine di chilometri sia per estensione che per profondità, da Arenzano a Capo Berta. Ma i nostri "marines" furono costretti anche a rintuzzare gli attacchi partigiani, attuati con la tattica del "mordi e fuggi", che provocarono centinaia di vittime, favorendo anche il fenomeno delle diserzioni, le quali peraltro furono prontamente tamponate dal nuovo comandante Amilcare Farina, che aveva sostituito il generale Princivalle, con una serie di disposizioni di chiaro stile militare, grazie alle quali vennero ricompattati reparti senza che si facesse ricorso alle rappresaglie. Anzi, proprio per evidenziare, applicando l'antico motto secondo il quale "oltre la tomba non vive ira nemica", la continuità delle identità italiane in un momento che lasciava presagire "la morte della Patria", "papà Farina" volle far costruire un cimitero in quel di Altare, denominato "Croci Bianche", in cui furono tumulati i Caduti delle due parti. In quei giorni di impegno diretto sul campo, i fanti di Marina della "San Marco" presero posizione sul fronte della Garfagnana in appoggio ai reparti alpini della "Monterosa": erano i marò del battaglione "Uccelli" e del maggiore Botto, che per lunghe e aspre settimane contrastarono i reiterati tentativi dei "multicolori invasori”, peraltro superiori per numero e per armamento. Nonostante tutto, insomma, il valore dei nostri fanti di marina riuscì a sfondare il fronte tenuto dalla quinta armata angloamericana costringendola a ritirarsi fino a Lucca e dintorni. Poi arrivarono i giorni dell'ira, con il crollo delle difese germaniche e il conseguente ripiegamento dei reparti della Grande Unità verso il Nord per costituire l'ultima difesa, ma anche per salvare i complessi portuali, le industrie e le infrastrutture che avrebbero poi consentito, come in effetti fu, di avviare nel dopoguerra la ricostruzione dell'Italia.


L'ultimo ordine di Farina

E' datato 29 aprile 1945 l'ultimo ordine del giorno lanciato dal generale Amilcare Farina ai suoi marò, per riunirli nella città di Alessandria, "dove sarà proceduto alla smobilitazione personale immediata". E l'avvertimento finale: "Compiendo le operazioni con ordine e disciplina, la Divisione darà l'ultima conferma di essere stata una Unità regolare delle migliori tra quelle dell'Esercito". Ma questo stava a dimostrarlo anche il medagliere della Divisione, davvero esaltante e degno della grande tradizione militare italiana, specie di quella dei Fanti di Marina: 2 medaglie d'oro, 9 d'argento, 42 di bronzo, 98 croci di guerra al V.M., 83 encomi solenni, 20 promozioni M.G.; inoltre, numerose ricompense al V.M. germaniche consistenti in una croce di ferro di prima classe, 13 di seconda classe, 7 al merito di guerra con spade di 2a classe e un distintivo d'onore. Il Leone di San Marco ha così dimostrato di aver ruggito bene.