lunedì 27 dicembre 2010

"IL NATALE DI SANGUE" E LA NOSTRA CONTINUITA' IDEALE.

«Il delitto è consumato. Le truppe regie hanno dato a Fiume il Natale funebre. Nella notte trasportiamo sulle barelle i nostri feriti e i nostri morti. Resisitiamo disperatamente, uno contro dieci, uno contro venti. Nessuno passerà, se non sopra i nostri corpi. Abbiamo fatto saltare tutti i ponti dell’Eneo. Combatteremo tutta la notte. E domani alla prima luce del giorno speriamo di guardare in faccia gli assassini della città martire.» (Gabriele D' Annunzio – Il Natale di sangue”)

A novant'anni dai tragici avvenimenti passati alla storia come il “Natale di Sangue” ossia da quegli scontri armati avvenuti fra il 24 e il 29 dicembre 1920 fra “legionari dannunziani” e truppe dell'esercito regio, al soldo dei poteri forti internazionali, il nostro ricordo va ai caduti per la causa di Fiume Italiana.
L'eroica impresa di Gabriele D'Annunzio e dei sui legionari che arrivati a Fiume proclamarono l'annessione della città al Regno d'Italia il 12 settembre 1919, giurando di non mollare fino a quando anche Zara e la Dalmazia non sarebbero state annesse all'Italia secondo il principio dell'autodeterminazione dei popoli, (principio stralciato a Versailles, nel quale incontro si negò all'Italia zone a tutti gli effetti italiane, decisione indegnamente acconsentita dal “governicchio italiano” sotto la guida di Nitti ribattezzato “Cagoia” da D'Annunzio), missione condivisa anche dal capo dei nuovi Fasci di Combattimento, il quale non esitò a fornire aiuti al Vate attraverso finanziamenti raccolti dal suo quotidiano “Il Popolo d'Italia”, rappresentò oltre ad un ritrovato orgoglio nazionale, una vera impronta sociale incancellabile nella storia d'Italia.
Dopo un anno dall' annessione l' 8 settembre 1920 Gabriele D'Annunzio sentore di quello che stava tramando il governo italiano ora passato sotto la direzione di Giovanni Giolitti, contro i “ribelli” di Fiume, proclama la Reggenza Italiana del Carnaro, a cui sarà affiancata l'omonima “Carta del Carnaro” stesa dal sindacalista rivoluzionario già membro dei Fasci di Combattimenti Alceste De Ambris, che aveva seguito il vate a Fiume. Tale proclamazione della costituzione fiumana possiamo affermare che rappresentò il primo esempio concreto di Socialismo Nazionale, nutrito di corporativismo e collaborazione sociale di cui la successiva Carta del Lavoro del 1927 ne riprese il valore rivoluzionario.
Con l'ignobile “Trattato di Rapallo” del 12 novembre 1920, Giolitti al servizio della cupola usurocratica internazionale capeggiata dalle pressioni di Gran Bretagna e Francia, si affrettò a liquidare quella presenza sempre più scomoda, le cui proposte altamente sociali si stavano diffondendo in tutto il Paese.
Nella notte del 24 dicembre 1920 dopo il rifiuto di un ultimatum nel quale si invitava D'Annunzio a lasciare la città, la Regia Marina cannoneggia indiscriminatamente Fiume, dal quale nascerà un sanguinoso scontro fratricida.
La resistenza dei legionari e volontari dannunziani pronti a difendere fino alla fine la causa di Fiume italiana, e le importanti conquiste in campo sociale fu durissima. Gli scontri contro l'esercito regio- giolittiano comandato dal generale Enrico Caviglia iniziarono il 24 dicembre 1920 e durarono ininterrottamente per ben cinque giorni: il lasso di tempo definito dallo stesso Vate “ Il Natale di Sangue”. Alla fine si contarono ben 22 caduti fra i legionari dannunziani, e 17 fra l'esercito giolittiano, più 5 civili.
Un orrenda carneficina di cui le responsabilità dovranno ricadere sul governo italiano “fantoccio”di allora.
Il 29 dicembre D'Annunzio fu costretto ad abbandonare la città, riannessa all'Italia successivamente nel 1924 dopo la salita al potere di Benito Mussolini.
Così noi oggi tramite il nostro spirito libero e ribelle che ci contraddistingue, e ci lega indissolubilmente agli eroi del passato, vogliamo ricordare i caduti dell'impresa fiumana, i primi caduti per quella causa del socialismo nazionale e dell'eterna battaglia del Sangue contro l'oro che doveva svilupparsi impetuosamente nei radiosi decenni avvenire, e che noi oggi nel solco della continuità ideale proseguiamo. Quis contra nos?

GIACOMO CIARCIA.