lunedì 30 novembre 2009
2 - Accettare tutte le responsabilità, comprendere tutti gli eroismi, sentire come giovani fascisti la poesia maschia dell’avventura e del pericolo.
Continuiamo la nostra meditazione del decalogo della Scuola di Mistica fondata e diretta da Nicolò Giani e fortemente voluta dai Mussolini (Arnaldo che la appoggiò e Benito che ne comprese la virtù pedagogica e concesse il mitico “Covo” milanese del Popolo d’Italia quale sede della Scuola).
Il punto 2 é più difficile da interpretare non nel suo significato letterale ma nell’approfondimento interiore ma occorre sempre considerare anche il periodo contestuale in cui la Scuola operò e cioè nel periodo pre-bellico ed immediatamente bellico, tanto che la maggior parte dei docenti e degli stessi studenti - sposando fino in fondo la filosofia dottrinaria - partirono volontari e immolarono le loro giovani vite nell’alto onore di rendere grande la Nazione ed il Fascismo riportando la romanità nelle lande d’Europa mediterranea e continentale.
Innanzitutto cosa significa accettare “tutte le responsabilità” ? Rapportandoci all’inadeguatezza dell’oggi diventa evidente come la mancanza di responsabilità dai vertici della cosiddetta “classe dirigente” scende a cascata fino all’ultimo cittadino e dalle persone che dovrebbero avere ormai una “maturità”, a cascata fino alle generazioni adolescenziali ancora in formazione ed in questo circuito VIZIOSO in cui nessuno risulta perciò capace di accettare le responsabilità la decadenza di un popolo e del suo convivere civile porta al corto circuito, porta all’eutanasia di comunità, al dissolversi di una etica condivisa. Bisogna ricominciare ognuno nel suo piccolo a saper accettare le proprie responsabilità innanzitutto; da genitore, da figlio, da lavoratore, da cittadino risalendo piano piano nella scala gerarchica che dovrebbe formarsi per evidente meritocrazia dell’Etica e non nel mercimonio del “voto elettorale”.
Comprendere quindi gli “eroismi”; in questa fase di dissesto in cui viviamo ognuno di noi può essere eroico anche – come insegnavano ai balilla – facendo la guardia al bidone di benzina, cioè sapendo portare con sacrificio il proprio peso del quotidiano nella cura educativa verso i più giovani, nella capacità dei giovani a rinunciare al troppo edonismo mantenendosi corretti e – soprattutto – incorrotti dall’alcool, dalle droghe e da ogni “dipendenza” costrittiva della propria personalità e perniciosa per la comunità di cui si fa parte; insomma comprendere e FARE i piccoli eroismi quotidiani come palestra all’abitudine della “rinuncia” del dare piacere ai propri egoismi, pronti per essere veramente eroici e coraggiosi come insegnano le grandi Civiltà dell’Uomo.
Ed ecco che l’enfasi finale diventa comprensibile nella sua infinita profondità di sentimento e di ardimento; quella “poesia” verso le vette dell’avventura e del pericolo a cui si deve far fronte nell’avventura non è uno sciocco elogio agli sport estremi oggi tanto in voga perché si cercano “dopanti adrenalinici” ad una vita vuota ma è l’espressione più elevata della capacità dell’Uomo ad essere libero non a parole ma nei fatti e nella vita di tutti i giorni.
Non dunque servi sciocchi o – peggio – abbrutiti schiavi del sistema economicista; ma Volontà senza catene disposte ad affrontare quotidianamente l’avventura di ribellarsi e affrontare il pericolo dell’indifferenza, dello scherno, dell’incomprensione, dell’isolamento o di una eventuale repressione con la grandezza della propria Fede nell’Idea di una concezione “identitariamente etica” che porta all’elevazione dell’individuo attraverso una socialità organica ed attraverso essa alla consapevolezza di appartenenza ad una Comunità di Popolo.